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Transatlantici da copertina

Roselina Salemi

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4 settembre 2009

"Mai nave più bella ha solcato le rotte marine. Ha la bellezza agile e aerodinamica del levriero nella struttura esterna, mentre all'interno è caratterizzata da una profusione di dettagli e da una superiorità nell'arredamento che ne fa un capolavoro di comodità, efficienza e lusso. La nuova nave è un albergo Waldorf-Astoria galleggiante. Ho cercato un aggettivo adatto. E' stata chiamata meravigliosa, eccitante, magnifica, regale, sontuosa, maestosa e superba. Tutte parole che la descrivono con una certa precisione. Ma ogni parola in sé rende conto soltanto di una singola fase di questa "grande conquista nella storia della cantieristica britannica". E' impossibile descrivere la Queen Mary: deve essere vista e "sentita", come bisogna partecipare alla sua incomparabile vita di bordo".

Questo articolo, datato 1936 e firmato da J.Herbet Hodgins, (il titolo è :"In cerca di un aggettivo") è rimasto impigliato nelle pagine di un memorabile romanzo di Margaret Atwood, "L'assassino cieco": una storia d'amore, due guerre, due crociere, bauli da nave in vitello chiaro, chiffon, musica e mal di mare . Erano gli anni d'oro dei transatlantici, con i loro nomi orgogliosi (Leviathan, Berengaria, Majestic, Queen Mary, Queen Elizabeth, Imperator, Rex), la gara a chi costruiva il più grande, lo sfarzo degli arredi; gli specchi ottagonali, le colonne laccate di rosso, gli stucchi, le rose, le piscine pompeiane, gli arazzi d'Aubusson. Eppure tutto stava per finire: l'emigrazione di massa, il piacere della lentezza, un modo di viaggiare che le compagnie aeree avrebbero spazzato via, e non c'era ancora il progetto turistico, l'idea visionaria della crociera moderna, il grande mercato della curiosità per il mondo, da scoprire, un pezzetto alla volta su una città galleggiante lontana da qualsiasi città, dove giocare a Bingo e vincere eventualmente, cinquemila dollari, innamorarsi ( "Love boat," famosa serie televisiva, insegna) e soprattutto mangiare. (Una buffa statistica dice che la media dei passeggeri ingrassa di due chili in otto giorni).

L'illuminazione, dal punto di vista commerciale, sarebbe arrivata nel '59 ( eureka: non viaggio, ma svago!) e Ted Harrison, fondatore della Carnival Corporation, avrebbe comprato la sua prima nave negli anni Settanta, quando molte vecchie glorie erano state smantellate, al prezzo simbolico di un dollaro. Ed è così che siamo arrivati a oggi, ai grattacieli sul mare che ricordano tanto il primo dopoguerra, all'immensa "Freedom of the Seas" (345 metri, la più grande del mondo), dove si può fare surf in piscina su onde artificiali, pattinaggio sul ghiaccio e free climbing. Dedicarsi allo shopping lungo la Royal Promenade, una galleria di 135 metri, tutta negozi. Siamo arrivati al planetario sull'acqua, al campo da golf ( ma a volte c'è vento e non va bene).O al gusto retrò della SilverSea: soltanto suite e supersuite, tè pomeridiano, partite a Trivial Pursuit, menù per gourmet. Ma ci sono offerte su misura per tutti: single, appassionati di musica, di ballo, di fitness, schiavi del bridge, coppie in viaggio di nozze. Nel gennaio 2008 la Liberty Caribbean ha proposto la più grande crociera gay della storia, perché ormai si lavora sul target: melomani, sportivi, vegetariani.

Le navi sono non luoghi. Ma forse sta in questo il loro fascino, l'anomalia che le rende desiderabili, perciò le crociere sono in crescita costante, i numeri si moltiplicano vertiginosamente, L'European Cruise Council mette in fila gli otto milioni e mezzo di passeggeri che hanno fatto scalo in Italia nel 2008, Msc e Costa Crociere esibiscono picchi del 20 per cento in più sull'anno scorso e ricomincia la corsa per costruire, la più grande, la più stupefacente, la più strabiliante – e saremo anche noi, come J.Herbet Hodgins, in cerca dell'aggettivo giusto. Anche i nomi ritornano regali, simbolici ("Magnifica", Luminosa", "Celebrity").

Le navi sono non luoghi e la pubblicità ne sottolinea l'aspetto straniante (lo slogan "La vacanza che ti manca" colpisce al cuore). Come si può riprendere la banale quotidianità dopo aver vissuto per una settimana o due sospesi tra cielo e mare, assaggiando un posto esotico dopo l'altro, lontani dal tempo ordinato degli uffici e dei centri commerciali? Non si può. Ci sono navi che sembrano castelli, con tanto di skysuite e butler annesso, casinò e lunghe file di slot machine. Ci sono navi, dove passando da un piano all'altro, da un anfratto all'altro, si potrebbe non scendere mai a terra come nella "Leggenda del pianista sull'Oceano", dove , più della rotta conta la coreografia: stuoli di camerieri in fila con vassoi di dolci flambeé appena incendiati che si muovono come in un musical, la cerimonia dell'aperitivo con il comandante, le foto in bacheca, gli abiti da sera obbligatori, altro che casual. Quasi un ritorno al passato, una voglia di farlo rivivere, con le necessarie correzioni della modernità. Impossibile, però. E per capirlo, basta sfogliare la raccolta di manifesti, pubblicata da Jaca Book, una rara collezione curata da Gabriele Cadringher e Anne Wealleans, un libro capace di far navigare con la mente, tanto potenti sono le immagini, i disegni, Art Noveu e Art Deco firmati da artisti come Cassandre e Max Ponty (quello della danzatrice sul pacchetto delle Gitanes), i messaggi di un mondo che già allora cominciava a rimpicciolirsi, dove il transatlantico era l'unico mezzo per spostarsi da un continente all'altro. Per dirla con lo storico John Graham Maxwell, "the only way to cross". Viaggiavano i funzionari coloniali, i militari, i commercianti, e naturalmente gli avventurieri.

  CONTINUA ...»

4 settembre 2009
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